La mostra di ritratti del fotografo Guido Harari
+ il laboratorio creativo del museofarfalla
Fabbrica del Vapore 1-7 febbraio 2024
per la secondaria di I grado
I- II – III
ARTE E SCIENZA DEL SÉ
La mostra di Guido Harari
+ il laboratorio creativo
del museofarfalla
CLASSI III – IV – V

Vi proponiamo un laboratorio creativo per esplorare il significato di “bellezza” in un viaggio che parte dalla Grecia e arriva alla fotografia di oggi, passando da… noi stessi.

Il laboratorio può essere abbinato alla visita della mostra dei ritratti fotografici di Guido Harari: i personaggi più famosi del mondo della musica, ma non solo, attraverso 50 anni di desiderio e produzione artistica di uno dei maggiori fotografi italiani.

Cosa vediamo quando ci guardiamo in quel tipo particolare di specchio che sono le foto di noi stessi?

Ci riconosciamo? Ci piacciamo? Riconoscersi e piacersi sono sinonimi?
Se ci piacciamo, perché? E se no, perché?

I ragazzi stanno crescendo in un mondo plasmato dalle immagini e dalla celebrazione dell’aspetto esteriore di cose e persone L’immagine virtuale pubblica è diventata sostanzialmente una manifestazione “altra” di sé stessi rispetto alla realtà corporea e questo sdoppiamento può essere giocato ma anche molto sofferto, fino alle patologie di dismorfismo.

Senza un’appropriata educazione a un equilibrato rapporto tra il proprio autentico benessere e i rituali comportamentali ed estetici del mondo che ci circonda, si può perdere la bussola e impegnare tutte le proprie risorse creative ed emotive alla costruzione della propria immagine, dimenticando che la bellezza non è pura apparenza ma pienezza della personalità (compresa l’accettazione dei propri limiti e difetti).

L’affiliazione al gruppo è sempre stata una necessità per l’animale sociale uomo, ma oggi il controllo del gruppo –  grazie ai social media – è ininterrotto, la platea di osservatori infinita, i rischi di fallimento altissimi.

C’è un’arte che saltella in modo irriverente e spesso urticante tra la forma e la sostanza dell’essere umano ed è il teatro. Lì solo apparentemente tutto è finto, provvisorio e superficiale; in realtà emergono verità profonde e durature, per il singolo e per la società. Per questo quasi tutti se ne tengono lontani, non perché il teatro sia stupido, ma perché maledettamente a rischio di verità.

Proprio attraverso giochi di training teatrale arriveremo con i ragazzi a “guardarci” di più e diversamente da quanto facciamo abitualmente, a farci un’idea più complessa di cosa stia dentro a quella membrana che è il nostro viso.

Gli specchi nello spazio saranno amici o nemici durante il lavoro e gli esercizi che faremo? E gli scatti fotografici saranno capaci di raccontarci?

Perché l’arte della fotografia non è muta e i volti sono delle storie. Ogni volto può raccontare, compreso il nostro. Svelando o mentendo.

Atena Lemnnia

Il percorso

1) Il percorso prende le mosse dall’osservazione da un esempio di statuaria classica – l’Atena Lemnia del V secolo riprodotta dalla gipsoteca di Brera ed esposta nella sala del museo farfalla.
Di questa opera di Fidia viene mostrata la rigorosa composizione e la gabbia di proporzioni che definiscono tutti i rapporti antropometrici del volto, come esempio evidente della ricerca di un “misura” oggettiva, universale della bellezza umana.

2) La ricerca di una regola estetica, quindi, nel significato originale del termine regola, qualcosa che regge, che guida, che governa il caos che i Greci percepivano come l’opposto da cui distinguersi grazie alla ragione.
Una lotta tra l’energia naturale informe, cieca e violenta e la lucida forza del pensiero propria dell’uomo, che è rappresentata massimamente nel mito di Teseo e del minotauro, che viene narrato e ritualizzato insieme ai ragazzi in un’atmosfera divenuta intima e teatrale.

3) Al centro dell’edificio, tuttavia, non si rivelerà una creatura mostruosa, ma la propria immagine riflessa, come descritta in molte versioni della prova di passaggio rappresentata dal labirinto. Lo specchio è un simbolo spirituale celato all’interno del simbolo architettonico per evocare quale sia la sorgente di ogni paura, la propria anima, e quale sia al contempo la fonte da cui attingere per riuscire nella prova e ri-uscire al mondo da adulti.

4) E proprio un gioco teatrale con l’oggetto specchio – accettato o evitato a seconda della sensibilità dei singoli ragazzi – porterà l’allegoria antica molto vicina alla tensione che anche oggi per ognuno di noi rappresenta l’incontro con la propria immagine, soprattutto in un’età di transizione come la pre-adolescenza. E la possibilità di scrivere ognuno una propria riga: la forza che ho visto, la paura che ho visto.

5) Al termine di questa attività verranno “scoperti” una serie di grandi ritratti fotografici selezionati tra quelli presenti nella mostra di Guido Harari allestita in uno altro spazio di Fabbrica del Vapore, in un momento di riflessione su cosa traspaia dalle foto della personalità di uomini e donne ritratti.
E soprattutto se ciò che rende queste foto “artistiche” sia ancora l’idea “classica” conosciuta all’inizio di adesione a un modello oppure la capacità di rendere la particolarissima intensità vitale di ognuno dei soggetti.

5 bis) Solo se resta sufficiente tempo. Nei ritratti di Guido Harari risulta evidente come anche il corpo “parli”, il famoso non-verbale che comunica quanto e più delle parole, soprattutto sul piano emotivo.
Siamo consapevoli di cosa dice il nostro corpo? Alcuni ragazzi potranno lavorare “sotto maschera” guidati da un partner alla ricerca di come comunicare al meglio tranquillità, tensione, vanità, imbarazzo, curiosità…

6) Con questo insieme di esperienze e riflessioni alle spalle, i ragazzi sono attesi a un passaggio nel set fotografico allestito in un’altra parte della sala; avranno il tempo di decidere se vogliono essere ritratti da soli, in coppia, in piccoli gruppi o tutti insieme, a seconda della natura delle relazioni che attraversano il gruppo-classe.
Realizzando una foto-ricordo che sarà – crediamo, speriamo – diversa da quelle che abitualmente si organizzano nel corso dell’anno scolastico. Una foto più personale, più vera.
Quindi più “bella”.

Vasco Rossi, Renzo Piano, Vittorio Gasmann, Rita Levi Montalcini, David Bowie, Fabrizio De Andrè, Renzo Piano, Bob Dylan, Dario Fo e Franca Rame…

Il fotografo Guido Harari presenta un lavoro di cinquant’anni dedicato alla ricerca della verità dei visi più noti del pubblico italiano e mondiale, con una sensibilità artistica ineguagliata.

La bellezza di questa galleria di celebrità – persone molto prima che “star” – rappresenta una grande occasione che museo farfalla ha voluto cogliere per parlare con i bambini di che significato abbia la propria immagine (e quella altrui) nel corso della vita. Il nostro viso è ciò che il mondo vede per prima cosa. Cosa esprime, cosa racconta?

Venite a parlarne, giocarne e creare insieme a noi, in un laboratorio creativo a cui poi segue la visita della mostra.

quanto costa?

Il laboratorio costa 7 euro.
La visita alla mostra costa 5 euro.

Ascolta l’intervista fatta da Edunauta a un’insegnante su come lavoriamo noi.

o ascolta il podcast su Spreaker

museo farfalla è un marchio registrato della cooperativa sociale Fosforo • Milano

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